Zaia, la peste

Davide Lovat • 24 giugno 2025

Quando l’autonomismo veneto è diventato folklore da sagra e il Nord è stato svenduto al pensiero unico globale: una critica profonda a Luca Zaia, alla Lega Nord e alla svendita dell’autonomia veneta

A sentir pronunciare il titolo “Zaia la peste”, qualcuno potrebbe pensare a un cartone animato: un nome noto associato a una calamità, con intento ironico. Ma chi conosce la Storia sa che la peste fu davvero un flagello epocale, e che ciò che sembra grottesco nasconde una verità ben più grave. Non è satira, ma una diagnosi sull’autonomismo veneto tradito.

Dopo quindici anni di guida incontrastata della Regione Veneto, Luca Zaia lascia un segno indelebile nella storia politica regionale. Ma quale segno? Non certo quello di un vero autonomismo veneto realizzato, né di una rinascita culturale veneta o tutela efficace del territorio. Al contrario, il bilancio è quello di un sistema di potere consolidato, dove la Lega Nord, ormai svuotata del suo senso originario, ha sostituito il vecchio apparato democristiano per mantenere una comoda rendita di posizione.

Il grande tradimento dell’autonomia fiscale e amministrativa veneta
Il primo e più grave tradimento riguarda proprio l’autonomia fiscale e amministrativa del Veneto. Il referendum del 2017, con oltre il 98% di “sì”, fu presentato come la svolta decisiva per riportare competenze e risorse a Venezia. Tuttavia, nessun passo concreto è stato compiuto per ottenere una reale autonomia fiscale veneta.

La partita è stata lasciata morire lentamente, sacrificata sugli altari del centralismo romano e di equilibri politici interni. Nessuna rottura con il sistema fiscale nazionale, nessuna rivendicazione seria da parte della Lega Nord Veneto, solo parole di facciata e nessun risultato tangibile. Questo è il vero volto della crisi del Nord, tradito da chi avrebbe dovuto difenderlo.

Cultura e identità veneta: l’assenza più pesante
Un altro fallimento riguarda la valorizzazione della cultura veneta — la nostra storia, la lingua, le radici religiose e la coscienza popolare. In questi anni, nessuna politica culturale strutturata è stata messa in campo. La lingua veneta è rimasta ai margini, così come l’identità cattolica che ha plasmato la nostra terra.

Il Veneto, culla di civiltà, patria di artigianato e libertà comunale, è stato ridotto a un brand turistico folkloristico, venduto a pacchetti all-inclusive ai tour operator internazionali. Si è preferito l’indotto commerciale alla costruzione di una vera coscienza di popolo. Oggi molti giovani conoscono più TikTok che San Marco, segno di un vuoto culturale che la politica regionale ha contribuito ad alimentare.

Disastro ambientale e finanziario: la Pedemontana Veneta e le Olimpiadi
Il volto più evidente della “modernizzazione” di Luca Zaia è la devastazione del territorio. Cementificazione selvaggia, complicità verso inquinanti come i PFAS e la gestione disastrosa della Pedemontana Veneta hanno trasformato il Veneto da terra agricola e artigiana a regione consumata.

La Pedemontana, presentata come simbolo di progresso, è invece un buco nero finanziario con pedaggi insostenibili e concessioni ventennali a società private, mentre le strade locali restano congestionate.

Inoltre, le Olimpiadi invernali Milano-Cortina, nate come sogno locale, si sono trasformate in un esempio lampante di marginalizzazione del Veneto, con opere in ritardo e gestione spostata a Roma e Milano. L’evento sarà celebrato con cerimonie e brindisi, ma il fallimento organizzativo e finanziario è sotto gli occhi di chi guarda oltre la propaganda.

Dal Nord produttivo alla subalternità etica e politica
Zaia e la sua Lega “governativa” hanno abbandonato la Questione Settentrionale e rinunciato a rappresentare degnamente il Nord produttivo. Il sogno di “padroni a casa nostra” è diventato silenzio complice di politiche centraliste che colpiscono il ceto medio e le libertà locali.

Durante la pandemia, il Veneto è stato uno degli esempi più chiari di deriva autoritaria, con misure coercitive e un controllo rigoroso che ha compromesso libertà fondamentali.

Sul piano etico e culturale, la Regione ha assunto posizioni lontane dalla tradizione cattolica popolare: dalla legalizzazione della prostituzione alla normalizzazione della transizione di genere, fino al favore a eutanasia e liberalizzazione di droghe leggere. Scelte spesso silenziose, ma evidenti nelle nomine e nei finanziamenti, che segnano una perdita dell’anima veneta.

Non padroni, ma prigionieri di un sistema autoreferenziale
Il problema non è solo Luca Zaia, ma un intero ciclo politico che ha usato il consenso popolare e il marchio autonomista per costruire un sistema autoreferenziale, fatto di intrecci tra politica e affari, sanità pubblica e interessi privati, informazione regionale e propaganda istituzionale.

Il Veneto è diventato una regione commissariata dal politicamente corretto, dove ogni voce critica viene bollata come “no vax”, “reazionaria” o “nemica del progresso”. Il veneto medio è rimasto con meno autonomia, meno radici, più debiti e meno libertà. Eppure continua a votare Zaia, forse perché non gli è mai stato raccontato cos’altro avrebbe potuto essere.

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